Translate

25 gen 2017

Eschilo: i drammi superstiti



Persiani rappresentati nel 472 a.c.., unica opera slegata di Eschilo (cioè non legata nella trama ad una trilogia)

La vicenda si svolge a Susa, capitale dell’impero persiano, in un periodo in cui i consiglieri detengono il potere mentre Serse è impegnato nella conquista della Grecia. La regina madre Atossa una notte fa un sogno premonitore in cui vede due fanciulle, una con abiti persiani, l’altra greci. Serse nel sogno tenta di aggiogare entrambe le fanciulle ma se la persiana alla fine è vinta la greca al contrario è recalcitrante e respinge Serse, il sogno si conclude con Serse a terra con abiti lacerati. Al risveglio Atossa vede volare un’aquila, simbolo del potere imperiale, ma un falco le stacca la testa e poi la mangia, Atossa allora si rivolge al coro e chiede informazioni sul nemico, gli Ateniesi, il coro le risponde che essendo un popolo fiero difficilmente si lascerà soggiogare senza combattere alacremente, ma ecco che arriva un messaggero per comunicare che Serse è stato battuto da Temistocle, prima a Salamina e poi sulla terra ferma, Temistocle infatti lo ha ingannato avendolo indotto a credere che i Greci non fossero in grado di contrastarlo, spingendolo così ad ingaggiare una battaglia navale. Atossa invoca il defunto Dario il quale stigmatizza l’audacia di Serse che avendo preteso di unire sotto di se due continenti ha peccato di iubris (superbia), Dario scompare e appare Serse con le vesti lacere come nel sogno di Atossa.
L’opera si conclude con l’immagine di Serse che si lamenta.

Sette a Tebe rappresentata nel 467 a.c., era l’ultimo dramma della trilogia tragica comprendente Laio ed Edipo, il dramma satiresco che seguiva era La Sfinge (opere tutte perdute).

La vicenda tratta la guerra tra gli Argivi guidati da Polinice ed i Tebani guidati dal fratello Eteocle, re di Tebe e personaggio principale della tragedia.
Un messaggero inviato a spiare il nemico riferisce ad Eteocle che Polinice ha intenzione di posizionare un eroe argivo con il proprio esercito ad ognuna delle sette porte di Tebe, le fanciulle tebane, rappresentate dal coro, cominciano allora a lamentarsi, ma Eteocle le apostrofa imponendogli di cessare il loro lamento, poi si allontana e il coro riprende il suo canto.
Giunge un messaggero che rivela ad Eteocle il nome dei soldati che Polinice intende posizionare alle porte di Tebe, Eteocle a sua volta decide di associare ad ogni soldato argivo un soldato tebano ed alla settima porta dove c’è Polinice mette se stesso.
Eteocle è turbato dallo scontro fratricida che incombe, ma sa di non poterlo evitare perché essendo lui e Polinice entrambi figli di Edipo non possono sottrarsi al proprio destino di sangue, il coro lo supplica di non andare ritenendo che la maledizione possa essere purgata con dei sacrifici e senza la necessità di uno scontro tra i due fratelli, ma lui afferma di non potersi sottrarre a quanto evidentemente voluto dagli dei, segue la scena di un messaggero che comunica la morte dei due fratelli.
Entrano in scena Antigone e Ismene, sorelle di Eteocle e Polinice, Antigone chiede che  Polinice venga sepolto in città a Tebe anche se ciò significherà andare contro le leggi della stessa Tebe.

Supplici rappresentata nel 463 a.c., apparteneva alla trilogia composta da Danaidi ed Egizi, il dramma satiresco che completava la tetralogia era Amimone (opere non pervenute).

La tragedia è ambientata ad Argo. Le Supplici sono le Danaidi, figlie di Danao, che tentano di sfuggire ai figli di Egitto, loro cugini, che tentano di sposarle contro la loro volontà, le fanciulle fuggono cercando rifugio ad Argo dal re Pelasgo il quale però, sapendo di incorrere in ritorsioni, non le accoglie immediatamente, chiedendo prima il consenso della comunità, le Danaidi allora fanno sapere che se non saranno accolte si impiccheranno alle statue degli dei e ciò provocherà grande sciagura, ma il popolo nel frattempo ha già deliberato di accoglierle in città.
Entra in scena l’araldo dei figli di Egitto che cerca di prendere le ragazze con la forza ma l’aiuto di Pelasgo le salva.
L’opera si conclude con il canto dei due semicori delle Danaidi che celebrano Argo ed invocano Artemide, dea contraria al matrimonio,mentre un altro coro canta chiedendo che anche Afrodite venga acclamata.

Le altre opere della tetralogia non sono pervenute ma sappiamo che affrontano il tema della morte di Pelasgo nella guerra ingaggiata contro gli Egizi a difesa delle Danaidi, e delle vicende che seguono al matrimonio delle Danaidi con i figli di Egitto, culminanti con l’omicidio dei propri mariti a cui solo Clitennestra si sottrae.

Prometeo incatenato è di paternità e data di rappresentazione dubbie. Alla tetralogia appartenevano anche Prometeo liberato, Prometeo portatore di fuoco e un dramma satiresco, tutti perduti.

L’azione si svolge in una landa solitaria della Scizia dove il titano Prometeo è stato incatenato ad una rupe, reo di aver rubato il fuoco agli dei per donarlo agli uomini. Efesto e le due personificazioni di Zeus, Kratos e Bia, Potere e Violenza, lo hanno punito, comincia così il lamento di Prometeo che non si pente della sua generosità verso gli uomini. Alcuni personaggi si recano dal titano per consolarlo: le Oceanine figlie di Oceano, poi Oceano stesso che cerca di convincerlo a pentirsi, infine Io la fanciulla perseguitata a sua volta dall’ira divina perchè amata da Zeus e trasformata per questo dalla moglie Era in giovenca. Prometeo rivela ad Io che la sua sofferenza non sarà eterna, ma troverà la pace e darà vita alla stirpe delle Danaidi da cui nascerà Eracle che libererà il Titano Prometeo, poi fa un’altra predizione se Zeus avrà un figlio da Teti questo gli usurperà il potere allungando la catena di usurpazioni divine ereditarie, le parole di Prometeo sono udite dall’alto,scende allora Hermes che ordina al titano di rivelare in dettaglio la profezia ma lui si rifiuta scatenando la rabbia di Zeus che scaglia la folgore facendolo sprofondare negli abissi della terra.

Agamennone opera prima della trilogia dell’Orestea comprendente Coefore ed Eumenidi (unica pervenuta per intero).

La vicenda si svolge Argo dove in assenza di Agamennone, che sta combattendo a Troia, la moglie Clitennestra lo ha tradito con suo cugino Egisto, mentre il piccolo figlio Oreste è stato inviato nella Focide, ma il rientro di Agamennone è ormai imminente così Egisto e Clitennestra formulano un piano per eliminarlo sia perché Clitennestra non perdonava il marito per il sacrificio della figlia Ifigenia sia perché un destino di sangue segnava la famiglia degli Atridi. Agamennone torna in città con la profetessa  Cassandra, sua concubina, accolto da Clitennestra con false attenzioni che culminano nella scena del tappeto durante la quale Agamennone entra in scena poggiando i piedi su un tappeto color porpora, Cassandra allora ha una visione ma nessuno le crede, segue un urlo e l’immagine di Agamennone e Cassandra morti tra l’esultanza di Clitennestra a questo punto intervengono gli anziani del coro da una parte ed Egisto con i suoi seguaci dall’altra, quando Egisto sta per mettere mano alla spada Clitennestra, ormai sazia dell’omicidio lo ferma.

Coefore

L’azione si svolge ad Argo. Successivamente alla morte di Agamennone , dieci anni dopo l’allontanamento del piccolo Oreste, Clitennestra sogna di allattare un serpente che oltre al latte le succhia anche sangue, la regina lo identifica con Oreste che probabilmente  vuole ucciderla per vendicare il padre. Visti i sinistri presagi chiede alle ancelle di portare libagioni sulla tomba di Agamennone (da cui il nome coefore, portatrici di libagioni).
Oreste divenuto ormai un uomo assieme all’amico Pilade sta tornando ad Argo per vendicare l’omicidio di Agamennone. Recatosi sulla tomba del padre lascia una ciocca dei propri capelli e si nasconde nelle vicinanze, giunge Elettra, sua sorella, che vedendo la ciocca di capelli e le orme lasciate dal fratello capisce che forse è finalmente tornato, Oreste allora esce dal proprio nascondiglio e si fa riconoscere, i due organizzano un piano per uccidere la madre Clitennestra perché Apollo lo ha ordinato ad Oreste.
Oreste e Pilade si fingono due viandanti venuti dalla Focide annunciando la morte di Oreste, a questa notizia Clitennestra si dispera, o finge, e lascia entrare i due viandanti, Oreste allora uccide Egisto mentre Clitennestra chiede ad un servo delle armi, ma Oreste e Pilade la anticipano.
Clitennestra chiede pietà al figlio mostrando il seno che lo allattò, Oreste vacilla e chiede aiuto all’amico Pilade che gli rammenta che questo è il volere di Apollo, a questo punto Oreste compie il matricidio che scatena l’ira delle Erinni (divinità ctonie, cioè degli inferi, preposte alla punizione dei delitti di sangue) che lo perseguitano.

Eumenidi

La vicenda si svolge a Delfi e ad Atene. Oreste si reca a Delfi, seguito dalle Erinni, per purificarsi del matricidio compiuto, ma gli appare Apollo che gli rivela che il suo destino sarà deciso ad Atene.
Oreste parte per Atene dove giunge, sempre seguito dalle Erinni, qui Atena avverte che Oreste dovrà essere giudicato da un tribunale e mette su l’areopago (il tribunale), le Erinni sono l’accusa, Apollo la difesa, i cittadini di Atene la giuria. Il tribunale si spacca a metà il voto decisivo è di Atena che vota per l’assoluzione, le Erinni allora minacciano calamità, ma Atena propone loro un compromesso, difatti accogliendo il giudizio emesso a favore di Oreste dimostreranno ai cittadini benevolenza e saranno da questi tenute in gran conto.

Nessun commento:

Posta un commento