C'era una vedova con un figlio che si chiamava Giuanin. A tredici anni
voleva andarsene per il mondo a far fortuna. Gli disse sua madre: - Cosa vuoi andare a fare
per il mondo? Non vedi che sei ancora piccolo? Quando sarai capace di buttar
giù quel pino che è dietro casa nostra con un colpo di piede, allora partirai.
Da quel giorno, tutte le mattine, appena alzato, Giuanin prendeva la
rincorsa e saltava a piè pari contro il tronco del pino. Il pino non si
spostava e lui cadeva in terra lungo disteso. Si rialzava, si scrollava la
terra di dosso, e si ritirava nel suo cantuccio.
Finalmente un bel mattino saltò contro l' albero con tutte le sue forze e
l' albero s'inchinò, s'inchinò, le radici uscirono dalla terra e s'abbatté
sradicato. Giuanin corse da sua madre, che venne a vedere, controllò ben bene,
e disse: - Ora, figlio mio, tu puoi
andare dove vuoi -. Giuanin la salutò e si
mise in marcia.
Dopo giorni e giorni di cammino arrivò a una città. Il Re di quella città
aveva un cavallo che si chiamava Rondello, che nessuno era capace di cavalcare.
Tutti quelli che ci provavano, nel primo momento pareva che ci riuscissero, poi
li buttava tutti giù. Giuanin stette un po'
a vedere, e s' accorse che il cavallo si metteva paura della sua ombra.
Allora s'offerse lui, di domare Rondello. Gli andò vicino nella stalla, lo
chiamò, lo carezzò, poi tutt'a un tratto gli saltò in sella e lo portò fuori
tenendogli il muso contro il sole. Il cavallo non vedeva l'ombra e non si
spaventava: Giuanin lo strinse coi ginocchi, tirò la briglia e partì al
galoppo: Dopo un quarto d'ora era domato, ubbidiente come un agnellino; ma non
si lasciava montare da nessun altro che da Giuanin.
Da quel giorno il Re prese
Giuanin a suo servizio, e gli voleva tanto bene che gli altri servitori
cominciarono a rodersi d'invidia.
E si misero a pensare come potevano sbarazzarsi di lui. Bisogna sapere che
quel Re aveva una figlia, e che questa figlia anni prima era stata rapita dal
Mago Corposenza-1'anima e nessuno ne sapeva più niente. I servitori andarono a
dire al Re che Giuanin s'era vantato pubblicamente d'andarla a liberare. Il Re lo
mandò a chiamare; Giuanin cascava dalle nuvole e gli disse che non ne sapeva
niente. Ma il Re che al solo pensiero che si volesse scherzare su
quell'argomento perdeva il lume degli occhi, gli disse: - O me la liberi, o ti faccio tagliare la testa!
Giuanin , visto che non c'era modo
di fargli intendere ragione, s1 fece dare una spada arrugginita che tenevano
appesa al muro, sellò Rondello e partì. Traversando un bosco, vide un leone che
gli fece segno di fermarsi.
Giuanin aveva un po' paura del leone, ma gli rincresceva di fuggire, così
scese di sella e gli domandò cosa voleva.
- Giuanin , - disse il leone, - vedi che siamo qui in
quattro: io, un cane, un'aquila e una formica: abbiamo questo asino morto da
spartirci; tu hai la spada, fai le parti e assegnane una a ciascuno! - Giuanin tagliò
la testa dell’asino e la diede alla formica:
- Tieni: questa ti servirà da tana e dentro troverai da mangiare finché vorrai -. Poi tagliò le zampe e le
diede al cane: - Qui tu hai da rosicchiare finché vuoi! - Tagliò fuori le budella e le diede all'aquila: - Questo è cibo per te, e puoi anche
portartelo in cima agli alberi dove ti poserai! - Tutto il resto lo diede al leone
che era il più grosso dei quattro e gli spettava. Risalì a cavallo e stava già per
ripartire quando si sentì chiamare. «Ahi, - pensò, - non avrò fatto le parti
giuste!» Ma il leone gli disse: - Sei stato un buon giudice e ci hai servito
bene. Cosa possiamo darti in segno di riconoscenza? Ecco una delle mie grinfie;
quando te la metterai diventerai il leone più feroce che ci sia al mondo - . E il
cane: - Ecco uno dei miei baffi, quando lo metterai sotto il naso diventerai il
cane più veloce che si sia mai visto E l'aquila: - Ecco una penna delle mie ali;
potrai diventare l'aquila più grande e forte che voli nel cielo-. E la formica:
- E io, io ti do una delle mie gambine, e quando tu te la metterai diventerai
una formichina, ma così piccina, così piccina che non si potrà vederla neanche
con la lente.
Giuanin prese tutti i
regali, disse grazie ai quattro ani mali, e partì. Alle virtù di quei regali
non sapeva ancora se crederci o non crederci, perché poteva darsi che
l'avessero preso in giro. Ma appena fu lontano dalla loro vista si fermò, e fece
la prova. Diventò leone cane aquila formica e poi formica aquila cane leone e
poi aquila formica leone cane e poi cane formica leone aquila e fu si curo che
funzionavano bene. Tutto contento riprese il cammino.
Finito un bosco c'era un
lago e sul lago un castello. Era il castello del Mago Corpo-senza-l'anima.
Giuanin si trasformò in aquila e volò fino al davanzale d' una finestra chiusa.
Poi si trasformò in formica e penetrò nella stanza attraverso una fessura. Era una
bella camera e sotto un baldacchino dormiva la figlia del Re. Giuanin, sempre formica,
andò a passeggiarle su una guancia finché si svegliò. Allora Giuanin si tolse
la zampina di formica e la figlia del Re si vide tutt'a un tratto un bel giovane
vicino.
- Non aver paura! - egli
disse facendole cenno di tacere, - sono venuto a liberarti!
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