Un contadino andava a segare il prato tutti
i giorni, e a mezzogiorno le sue tre figlie gli portavano da mangiare. Un
giorno andò la prima, e quando fu nel bosco, essendo stanca, si sedette su una
pietra a riposare. Appena si sedette, sentì dare un gran picchio sottoterra, e
da sotto la pietra uscì una biscia. La ragazza lasciò il cesto e, gambe aiutami!
scappò via: e quel giorno il padre restò a pancia vuota. Tornò a casa e sgridò
le ragazze.
L'indomani ci andò la seconda. Si sedé sulla
pietra e capitò lo stesso: gambe aiutami! Allora la terza disse: - A me, a me!
Io non ho paura, - e invece d'un paniere di roba da mangiare se ne portò due.
Quando sentì dare il picchio e vide la biscia, le diede un paniere di roba e la
biscia le parlò: - Portami a casa con te, - disse, - farò la tua fortuna, - e la
ragazza se la mise nel grembiule. Portò l'altro paniere al padre nel prato, poi
tornò a casa e mise la biscia sotto il letto. La biscia ogni giorno diventava
più grossa; tanto che sotto il letto non ci stava più. Andò via, ma prima di partire
lasciò in dono alla ragazza tre sorti: che piangendo le cadessero lacrime di perle
e argento, che ridendo le cadessero dal capo chicchi di melagrana d'oro, e che lavandosi
le mani le uscissero di tra le dita pesci d'ogni qualità.
Quel giorno in casa non c'era nulla da
mangiare, e il padre e le sorelle erano disperati dal digiuno, ma lei subito provò
a lavarsi le mani, e la catinella si riempì di pesci. Le sorelle diventarono
invidiose e persuasero il padre che c'era qualcosa sotto, ed era meglio
chiudere la ragazza nel solaio.
Dalla finestra del solaio, la ragazza guardava
nel giardino del Re, e c’era il figlio del Re che giocava alla palla. Giocando alla
palla, fece uno scivolone e cadde in terra, e la ragazza scoppiò a ridere.
Ridendo le cadde giù una pioggia di chicchi di melagrana d'oro. Il figlio del Re
non riusciva a capire da dov'erano caduti, perché la ragazza aveva subito
chiuso la finestra.
L'indomani, tornando in giardino per giocare
alla palla, il figlio del Re vide che c'era nato un melograno, già alto e carico
di frutti. Fa per cogliere le melagrane, ma l'albero cresceva a occhiate, e bastava
alzare una mano perché i rami s'alzassero d'un palmo. Visto che nessuno riusciva
a cogliere neanche una foglia da quell'albero, il Re fece radunare i Savi
perché gli spiegassero l’incanto. E il più vecchio di tutti i Savi disse che poteva
cogliere quei frutti solo una ragazza, e quella sarebbe stata la sposa del figlio
del Re.
Allora il Re mandò fuori il bando che tutte
le ragazze da marito venissero al giardino, pena la testa, per prova re a cogliere
le melagrane. Vennero ragazze d'ogni semenza, ma per raggiungere quei frutti non
bastavano scale né scalette. Vennero anche le due figlie più grandi del contadino
e cascarono dalla scala a gambe all'aria. Il Re mandò a frugare nelle case se trovavano
altre ragazze, e così scovarono quella chiusa nel solaio. Appena accompagnata alla
pianta, i rami s'inchinarono e le porsero in mano le melagrane. Tutti gridarono:
- Ecco la sposa! Ecco la sposa! - e il figlio del Re per primo.
Furono preparate le nozze, e le sorelle sempre
invidiose erano invitate anche loro alla festa. Andando tutte e tre sulla stessa
carrozza, in mezzo a un bosco si fermarono. Le due grandi fecero scendere la
piccola, le tagliarono le mani, le cavarono gli occhi e la lasciarono per morta
in un cespuglio. La più grande si mise la veste da sposa e così si presentò al
figlio del Re. Il figlio del Re non capiva come mai fosse tanto imbruttita, ma
siccome un po' le assomigliava, credette d'essersi sbagliato lui a crederla così
bella. ·
La ragazza senz’occhi e senza mani rimase a
piangere nel bosco. Passò un cavallante e ne ebbe compassione; la fece salire
sul suo asino per portarla a casa sua. Lei gli disse che guardasse in terra: c'era
pieno di perle e argento, che erano le lagrime della ragazza. Il cavallante le andò
a vendere e fece più di mille lire: così viveva con tento, anche se quella
ragazza senz'occhi e senza mani non poteva lavorare e aiutare la famiglia.
Un giorno la ragazza sente una biscia che le
si attorciglia a una gamba: era la biscia sua amica. - Sai di tua sorella che
ha sposato il figlio del Re ed è diventata Regina perché il Re vecchio è morto?.
Ora aspetta un bambino e ha voglia di fichi.
La ragazza disse al cavallante: - Caricatevi
una soma di fichi e andateli a portare alla Regina.
Come faccio a trovare dei fichi di quest'epoca?
- disse il cavallante. Difatti, era d'inverno.
Ma la mattina dopo andò nell'orto e il fico
era carico di frutti, così senza foglie com'era. Lui ne riempì due corbe e le
caricò sull'asino.
Chissà quanto posso chiedere per dei fichi d'inverno?-
disse il cavallante.
Dovete chiedere un paio d'occhi, - disse la
ragazza.
Lui così fece, ma né la Regina, né il Re,
né sua sorella si sarebbero mai cavati gli occhi. Allora parlottarono un po'
tra sorelle e dissero: - Diamogli pure quelli di nostra sorella, tanto cosa ce ne
facciamo? - e comprarono i fichi con quegli occhi.
Il cavallante riportò gli occhi alla
ragazza che se li mise al loro posto, e tornò a vederci come prima.
Poi, la Regina ebbe voglia di pesche e il Re
mandò a chiamare quel cavallante, se mai potesse trovare pesche come aveva trovato
fichi. Alla mattina dopo, nel suo orto, il pesco era carico di pesche, e lui
con l'asino ne portò subito una soma in Corte. Gli chiesero quanto ne voleva e lui
disse: - Un paio di mani.
Ma nessuno si voleva tagliare le mani, neanche
per far piacere al Re. Allora le sorelle, parlando tra loro: - Dia mogli quelle
di nostra sorella.
Quando la ragazza riebbe le sue mani se le riattaccò
alle braccia e guarì.
Dopo poco tempo, la Regina partorì e fece
uno scorpione. Ma il Re fece dare lo stesso una festa in cui tutto il mondo era
invitato. E la ragazza si vestì da Regina ed era la più bella della festa. Il
Re se ne innamorò e innamorandosene s'accorse che era la sua sposa di prima. Lei
rise e caddero chicchi d’oro, pianse e caddero perle, si lavò le mani e faceva
pesci nel catino. E così ridendo e piangendo e facendo chicchi, perle e pesci
gli raccontò tutta la storia.
Le due cattive sorelle e lo scorpione furono
bruciati in una catasta di legna alta come una torre. Lo stesso giorno ci fu il
gran pranzo di nozze.
Fecero tanto lusso e spatusso
Ma io ero dietro l’uscio,
Per mangiare andai all'osteria
E così finisce la storia mia.
(Monferrato)
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