Viveva nei tempi passati una vecchia vedova
che faceva la filatrice, e aveva tre figliole, filatrici pure loro. Per quanto
s'affaticassero a filare mattino e sera, le tre filatrici non giungevano mai a
mettere da parte un centesimo, perché il guadagno bastava appena alle loro
spese. Intanto, alla vecchia venne una gran febbre, e in due o tre giorni la ridusse in fin di vita.
Chiamò intorno al letto le figliole tutte in lagrime, e disse: - Non piangete;
sono vecchia e più che vecchia non si campa, sicché un giorno o l'altro vi
doveva toccare di vedermi morta. Quello che mi rincresce è di lasciarvi così
povere, ma avete un mestiere e potete campare; io intanto pregherò Dio che vi
aiuti. Di dote non posso lasciarvi altro che i tre gomitoli di canapa filata
che sono nell'armadio, - e detto questo,
la madre spirò.
Dopo qualche giorno le sorelle discorrevano
tra loro.
- Domenica è Pasqua, - dissero. - E non
abbiamo da fare un pranzo come si deve.
Disse Maria, che era la maggiore: - Venderò
il mio gomitolo e ci compreremo il pranzo - . Difatti, il giorno di Pasqua,
portò il gomitolo al mercato. Era canapa filata come si deve, e lo vendette
molto bene. Comprò pane, un quarto d'agnello e il vino. Tornava a casa con
tutti questa roba, quando le corse addosso un cane, le addentò il quarto
d'agnello e il pane, ruppe il fiasco, e scappò via, lasciandola mezza
tramortita dalla paura. Maria tornò a casa a raccontare il fatto alle sorelle,
e per quel giorno si sfamarono con un po'
di pane nero. - Domani voglio andare io, - disse Rosa, la mezzana, -
vedremo se il cane mi darà noia.
Andò, vendette il suo gomitolo, comprò
una coratella, il pane e il vino,
e s'avviò a casa per un'altra strada. Ed ecco che quel cane corse addosso anche a lei, portò via la
coratella e il pane, ruppe il fiasco e scappò. Rosa, che era più coraggiosa di
Maria gli corse dietro, ma non poté raggiungerlo e tornò a casa trafelata, a raccontare tutto alle sorelle.
Anche quel giorno bisognò che facessero pranzo col pane nero. -
Domani ci andrò io, - disse
Nina, la più piccola, - e vediamo se il cane riesce a farla anche a me.
La
mattina dopo, più presto delle altre volte, prese il suo gomitolo, lo vendette e fece una
buona provvista. Mentre tornava a casa per un'altra strada, le andò addosso
quel cane, ruppe il fiasco e portò via tutto il resto. Nina prese a corrergli dietro, e corri corri
lo vide entrare in un palazzo.
Nina pensò: «Se mi vede qualcuno di qui dentro, gli dirò del cane che ci ha rubato
il pranzo per tre giorni e mi
farò ridare il
danaro», e così pensando entrò.
Salì le scale e c'era una bella cucina col
fuoco acceso, e roba che bolliva in pentole e in tegami e uno spiedo con un
quarto d'agnello. Nina alzò il coperchio d'una pentola e ci
vide la carne che aveva comprato poco
prima; guardò in un tegame e vide cuocere la coratella; nella madia c'erano i
tre pani. Continuò a girare la casa e non vide anima viva; ma in tinello c'era
una tavola apparecchiata per tre. «Pare proprio che ci abbiano apparecchiato il
pranzo, - pensò Nina, - e con la nostra roba, per giunta! Se ci fossero le mie
sorelle mi metterei a tavola!»
In
quel momento senti
passare un barroccio
per la strada e s'affacciò alla
finestra e siccome il barrocciaio era uno di sua conoscenza, lo pregò
d'avvisare le sue sorelle che le aspettava li e che c'era pronto un bel pranzo.
Quando le
sorelle arrivarono, Nina raccontò loro ogni cosa e disse: - Mettiamoci a
tavola. Se vengono i padroni,
spiegheremo che mangiamo del nostro.
Le sorelle non si fidavano tanto, ma la
fame stringeva dappresso, così si misero a tavola. Era venuto buio, e
d'improvviso le tre ragazze videro chiudere le finestre e accendersi i lumi.
Non s'erano ancora riavute dalla meraviglia, quando videro il pranzo venire a
posarsi da sé sulla tovaglia. - Chiunque sia che ci risparmia la fatica, -
disse Nina, - noi lo ringraziamo. E ora, sorelle mie, buon appetito, - e
addentò l'agnello.
Le sorelle, con la paura in corpo che
avevano, masticavano a fatica, e si guardavano intorno aspettandosi che da un
momento all'altro saltasse fuori qualche mostro. Nina invece diceva: - Se non
ci volevano a pranzo qui, non dovevano apparecchiare per noi, accenderci i
lumi, e servirci a tavola.
Dopo cena, cominciarono ad aver sonno e
Nina le portò in giro per la casa, finché non trovarono una camera con tre bei
letti preparati. - Ora andiamo a
dormire, - disse.
-
O piuttosto,
- dissero le sorelle, -
torniamo a casa nostra, perché qui abbiamo paura.
-
Brave
grulle! - disse Nina. - S'è trovato il verso di star bene e dovremmo andarcene!
Io per me vado a letto, sarà quel che sarà!
Le aveva già convinte a restare, quando dal
fondo delle scale si sentì una voce:
-
Nina, fammi
lume.
Le sorelle si spaventarono. - Gesummaria!
Chi sarà?
-
Non ci
andare, Nina!
-
Io ci vado,
- disse Nina. Prese il lume e scese le scale. Si trovò in una stanza dov'era
una Regina incatenata che buttava fuoco dalla bocca, dagli orecchi e dal naso.
-
Nina, dimmi:
vuoi far fortuna? - disse la Regina,
parlando tra le fiamme.
-
Si.
-
Ma bisogna
che t'aiutino anche le tue sorelle.
-
Glielo dirò.
-
Ma bada che
dovete fare cose terribili, e se vi viene paura morirete.
- Le persuaderò.
- Va
bene. Apri quei tre cassoni: sono pieni di vestiti da regina, tutti d'oro e di
gemme. Sappi che io ero la Regina di Spagna; m' innamorai d'un giovane di
questa città ed è per colpa sua che
mi trovo dannata. Ora, dopo il male che m'ha fatto, vorrebbe sposarsi un'
altra, ma io voglio che venga a soffrire con
me com'è giusto. Domani mettiti il mio abito, acconciati a mia immagine
e somiglianza, e poi affacciati alla ringhiera con un libro in mano . Vedrai
che a una cert'ora passerà quel giovane e ti dirà: «Signora, gradisce una mia visita?» Tu digli di sì, invitalo
a prendere il caffè, e dagli questa tazza avvelenata. Quando cadrà
morto portalo quaggiù, apri questo 1' cassone, buttalo dentro, e
accendigli intorno quattro candele.
Io ero ricchissima: questo è il libro dei miei beni col quale potrai
rilevarli dalle mani
dei fattori, che ora mi scroccano ogni cosa.
Nina
tornò su e raccontò
tutto alle sorelle.
- Giurate di aiutarmi, se no guai
a voi! -
La mattina dopo si vestì da regina, divenne
tutta simile alla morta e si affacciò
alla ringhiera sfogliando un libro. A una cert'ora sentì, un cavallo: veniva
avanti un bel giovane e
si fermò a guardarla. Nina gli fece un cenno di saluto.
- Gradirebbe una visita, Signora?
- Sì...
E il giovane smontò di cavallo e salì le
scale.
- Ora berremo assieme una tazza di caffè.
- Volentieri .:.. Bevve dalla tazza
avvelenata e cadde morto.
Nina chiamò le sorelle perché l'aiutassero
a portar giù il cadavere, e perché quelle si rifiutavano, disse: -
Se non venite ammazzo anche voi!
- Lei prese il morto per il capo, le sorelle
per le gambe, scesero le scale, e c'era il cassone chiuso con
le quattro candele accese ai
lati. Le sorelle tremavano e volevano lasciar cadere il morto fuggire. - Provate a scappare, -
disse Nina, - e vedrete cosa vi faccio! - Le sorelle, che
l'avevano vista all’opera, sapevano che non scherzava, e le obbedirono.
Nina aperse il cassone: dentro c'era la
Regina seduta su un trono di fiamma. Le misero vicino il suo innamorato e lei
lo prese per mano e gli disse: - Vieni con me all'Inferno, scellerato. Così
non m' abbandonerai ma più.
E in quel momento il cassone si rinchiuse e
sprofondò sotto terra con un gran frastuono.
Nina soccorse le sorelle che s'erano
svenute, le riportò su e le fece riavere. Poi rivendicarono tutti i beni dalle
mani dei fattori e restarono padrone d' ogni cosa. Le sorelle dopo qualche anno
presero marito e Nina diede loro una
dote da principesse; poi prese marito anche lei, e stette come una regina.
(Siena)
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