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6 gen 2017

Italo Calvino: IL PALAZZO DELL'OMO MORTO parte seconda




PARTE PRIMA


Il Re la trovò così bella e gentile nel tratto e nel parlare, che ne restò incantato. - Dimmi, cara, - le fece, - cosa comandi che io ti porti.
- Mi faccia questo piacere, - disse la ragazza sospirando, - mi porti un acciarino, una candela nera e un coltello.
Il Re restò molto stupito a sentirsi chiedere quelle tre cose: - Bene, bene, sta'  tranquilla, non mi dimenticherò di portartele.       ,
Partì, fece le cose che aveva da fare, e quand'ebbe finito andò a comprare i regali per la servitù. E carico di tutte queste compere, salì sul bastimento per tornare. Il bastimento levò  l'ancora, ma non poteva andare né avanti indietro. I naviganti chiesero: - Sacra Maestà, non ha per caso dimenticato niente?
-                No, niente, - rispose, ma poi andò a riguardare la nota, e vide che aveva dimenticato le tre cose per quella giovane. Scese subito a terra, andò in una bottega e domandò le tre cose.
Il negoziante lo guardò bene in faccia. - Mi scusi se le domando per chi sono queste cose.
-                Le devo dare a una mia serva, - disse il Re.
-                Allora, mi stia a sentire. Faccia così: quando arriva a casa non le dia niente, la faccia aspettare tre giorni. Dopo questi tre giorni, vada nella stanza di questa serva e le dica: «Vammi a prendere un bicchier d'acqua e poi ti darò le tre cose». Quando sarà uscita, gliele posi sul comò, e poi si nasconda sotto il letto o in qualche posto in modo da poter vedere cosa fa.
Ho capito, - disse il Re.
Arrivato a casa, tutti i servitori gli corsero incontro e a ognuno lui diede il regalo promesso. Per ultima venne quella giovane, e gli domandò se le aveva comprato quelle tre cose.
-                Ah, noiosa! - fece lui. - Te le ho comprate, sì, e te le darò poi...
La giovane tornò in camera sua e si mise a piangere, pensando che non le avesse portato niente.
Dopo tre giorni sente bussare alla sua porta ed era il Re. - Sono qua per darti i tuoi regali, ma prima vammi a prendere un bicchier d'acqua, ché ho sete.
La ragazza corse via, il Re mise tutto sul comò, e poi si nascose sotto il letto. Quando lei tornò e non trovò più il Re, si disse: «Ecco, me l'ha fatta ancora una volta di lasciarmi senza niente». Posò il bicchiere sul comò e s'accorse che c'erano i regali.
Allora chiuse la porta col catenaccio, si spogliò, batté l'acciarino, accese la candela nera e la mise su un tavolino, Poi prese il coltello e lo conficcò nel tavolino. S'inginocchiò in camicia davanti al coltello e disse: - Ti ricordi quand'ero a casa con Sua Maestà mio padre, e una vecchia m'ha detto che non mi sarei maritata se non avessi trovato l'Omo morto?
E il coltello rispose: - Sì che mi ricordo.
-                Ti ricordi quando sono andata per il mondo e ho trovato un palazzo e dentro ho visto l'Omo morto?
E il coltello rispose: - Sì che mi ricordo.
-                E di quando ho vegliato per un anno e tre mesi e ho comprato quella brutta schiava per mia compagnia, e le ho detto che mi lasciasse dormire tre giorni, perché ero stanca, e lei invece mi ha lasciato dormire tutta la settimana, e allora l'Omo morto s'è disincantato, l'ha abbracciata e lha sposata?
E il coltello rispose: - Purtroppo mi ricordo.
A chi sarebbe stato giusto toccasse quella fortuna? A me che ho penato un anno e tre mesi, o a lei che è restata li pochi giorni?
E il coltello rispose: - A te.
-                Visto che ti ricordi e che dici che quella fortuna doveva toccare a me, - fece la ragazza, - sconficcati da questo tavolino e conficcati nel mio petto.
Il Re, da sotto al letto, appena sentì il coltello che si sconficcava dal tavolino, saltò fuori, abbracciò la giovane disse:
-                Ho sentito tutto! Sarai tu la mia sposa! Adesso sta' tranquilla nella tua stanza: lascia fare a me.
Andò dalla schiava e le disse: - Ora che sono tornato dal mio viaggio voglio fare otto giorni di corte bandita.
-                Sta' attento a non sprecare tanto i soldi, - disse la schiava.
-                Sai, ho sempre avuto quest'uso, tutte le volte che ho fatto un viaggio.
Si fece corte bandita con un gran  pranzo. Disse il Re alla schiava: - Voglio tutti i miei servitori a tavola bianca, e tu chiama la tua serva, che voglio anche lei.
-                Ma lasciala stare quella la, che è un rospo!
-           Se non la vai a chiamare tu, vado io - . E così la giovane venne a tavola, tutta lagrimosa come al solito.
Finito il pranzo, il Re raccontava del suo viaggio. E disse che era stato in una città dov'era successo un caso come il suo, d'un Re fatato, che una giovane aveva vegliato per un anno e tre mesi, poi aveva preso una schiava per farle compagnia, e che la giovane, stanca com'era, era andata a dormire, e la schiava non l’aveva svegliata, e l'Omo morto ridestandosi aveva trovato la schiava, e l' aveva sposata.
-             Ora mi dicano loro a chi sarebbe toccato d'esser sposa del Re: a quella della settimana, o a quella dell'anno e tre mesi?
E tutti gli risposero: -A quella dell'anno e tre mesi.
E il Re: - Ecco, miei signori.  Questa è la donna dell' anno e tre mesi, e questa la schiava da lei comprata. Mi dicano ora lor signori che morte dobbiamo dare a questa brutta mora che ha così tradito la sua padrona!
E tutti saltarono su a dire: - Sia bruciata in mezzo alla piazza su un barile di pece.
Così fu fatto, e il Re sposò la giovane e vissero sempre felici e contenti, e neanche di loro si parla più, ormai.

(Venezia)


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