PARTE PRIMA
Il Re la trovò così bella e gentile nel tratto e nel parlare, che ne restò incantato. - Dimmi, cara, - le fece, - cosa comandi che io ti porti.
Il Re la trovò così bella e gentile nel tratto e nel parlare, che ne restò incantato. - Dimmi, cara, - le fece, - cosa comandi che io ti porti.
- Mi faccia questo piacere, - disse la ragazza sospirando, - mi porti un acciarino, una candela nera e un coltello.
Il Re restò molto stupito a sentirsi chiedere quelle
tre cose: - Bene, bene, sta' tranquilla, non mi dimenticherò di portartele. ,
Partì, fece le cose che aveva da fare,
e quand'ebbe finito andò
a comprare i regali per la servitù. E carico di tutte queste compere, salì sul bastimento per tornare. Il bastimento levò l'ancora, ma non poteva andare né avanti né indietro. I naviganti chiesero: - Sacra
Maestà, non ha per caso dimenticato niente?
-
No, niente, - rispose, ma poi andò a riguardare la
nota, e vide che aveva dimenticato
le tre cose per quella giovane. Scese subito
a terra, andò in una bottega e domandò le tre cose.
Il negoziante lo guardò bene in faccia. - Mi scusi se le domando per chi sono queste
cose.
-
Le devo dare a una mia serva,
- disse il Re.
-
Allora, mi stia a sentire. Faccia così: quando arriva a casa
non le dia niente, la faccia aspettare tre
giorni. Dopo questi tre giorni, vada nella
stanza di questa serva e le dica: «Vammi
a prendere un bicchier d'acqua e poi ti darò le tre cose». Quando
sarà uscita, gliele posi sul comò, e poi si nasconda sotto il letto o in qualche posto in modo da poter vedere cosa fa.
Ho capito, - disse il Re.
Arrivato a casa, tutti i servitori gli corsero incontro e a ognuno lui
diede il regalo promesso. Per ultima venne quella giovane, e gli domandò se le aveva comprato quelle tre cose.
-
Ah, noiosa! - fece lui. - Te le ho comprate,
sì, e te le darò poi...
La giovane tornò in camera sua e si mise a piangere,
pensando che non le avesse portato niente.
Dopo tre giorni sente
bussare alla sua porta ed era il Re. - Sono qua per darti i tuoi regali, ma prima vammi a prendere un bicchier d'acqua,
ché ho sete.
La ragazza corse via, il Re mise tutto sul
comò, e poi si nascose sotto il letto.
Quando lei tornò e non trovò più il Re, si
disse: «Ecco, me l'ha fatta ancora una volta di lasciarmi senza niente». Posò il bicchiere
sul comò e s'accorse che c'erano i regali.
Allora chiuse
la porta col catenaccio, si spogliò, batté l'acciarino,
accese la candela
nera e la mise su un
tavolino, Poi prese
il coltello e lo conficcò nel tavolino. S'inginocchiò in camicia
davanti al coltello e disse:
- Ti ricordi
quand'ero a casa
con Sua Maestà mio padre, e
una vecchia m'ha detto che non mi sarei maritata se non avessi trovato l'Omo morto?
E il coltello rispose: - Sì che mi ricordo.
-
Ti ricordi quando
sono andata per il mondo
e ho trovato un palazzo
e dentro ho visto l'Omo morto?
E il coltello rispose:
- Sì che mi ricordo.
-
E di quando ho vegliato per un anno e tre mesi e ho comprato quella brutta schiava per mia compagnia, e le ho detto che mi lasciasse
dormire tre giorni, perché ero stanca, e lei invece mi ha lasciato dormire tutta la settimana, e
allora l'Omo morto s'è disincantato, l'ha abbracciata e l’ha sposata?
E il coltello rispose:
- Purtroppo mi ricordo.
A chi sarebbe stato
giusto toccasse quella
fortuna? A me che ho penato
un anno e tre mesi, o a lei che è restata li pochi giorni?
E il coltello rispose: - A te.
-
Visto che
ti ricordi e che dici che quella
fortuna doveva toccare a me, - fece la ragazza, - sconficcati da questo tavolino e conficcati nel mio petto.
Il Re, da sotto al letto,
appena sentì il coltello che si
sconficcava dal tavolino, saltò fuori, abbracciò la giovane disse:
-
Ho sentito tutto! Sarai tu la mia sposa! Adesso sta' tranquilla nella tua stanza:
lascia fare a me.
Andò dalla schiava e le disse: - Ora che sono tornato dal mio viaggio voglio
fare otto giorni
di corte bandita.
-
Sta' attento
a non sprecare tanto i soldi, - disse la schiava.
-
Sai, ho sempre
avuto quest'uso, tutte le volte che ho fatto un viaggio.
Si fece corte bandita con un gran pranzo. Disse il Re alla
schiava: -
Voglio tutti i miei servitori a tavola bianca, e tu chiama la tua serva, che voglio anche lei.
-
Ma lasciala stare quella la,
che è un rospo!
- Se non la vai
a chiamare tu,
vado io - . E così la giovane venne a tavola, tutta lagrimosa come
al solito.
Finito
il pranzo, il Re
raccontava del suo viaggio. E disse
che era stato in una città dov'era successo
un
caso come
il suo, d'un Re fatato, che una
giovane aveva vegliato per un anno e tre mesi, poi aveva preso
una schiava per farle compagnia, e che la giovane, stanca com'era, era andata a dormire, e la
schiava non l’aveva svegliata, e l'Omo morto ridestandosi
aveva trovato la schiava, e l' aveva sposata.
- Ora mi dicano loro a chi sarebbe toccato d'esser sposa
del Re: a quella della settimana, o a quella dell'anno e tre mesi?
E tutti gli risposero: -A quella dell'anno e tre
mesi.
E il Re: - Ecco, miei signori. Questa è la donna dell' anno e tre mesi, e questa la schiava da lei comprata. Mi dicano ora lor signori che morte
dobbiamo dare a
questa brutta mora che ha così tradito la sua padrona!
E tutti saltarono su a dire: - Sia bruciata in mezzo alla piazza su un barile di pece.
Così fu fatto, e il Re sposò la giovane e vissero sempre felici e contenti, e neanche di loro si parla più, ormai.
(Venezia)
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