Un Re era ficcanaso. Andava, a sera,
sotto le finestre dei sudditi, a sentire cosa si diceva nelle case. Era un tempo
di turbolenze, e il Re sospettava che il popolo covasse qualcosa contro di lui.
Così, passando, già a buio, sotto una casuccia di campagna, sentì tre sorelle sulla terrazza che discorrevano fitto
fitto tra loro.
Diceva la maggiore: - Potessi
sposare il fornaio del Re, farei pane in un giorno solo quanto ne mangia la corte in
un anno: tanto mi garba quel bel giovane fornaio!
E la mezzana: - Io vorrei per sposo il
vinaio del Re, e vedreste che con un bicchier di vino ubriacherei tutta la
corte, quanto quel vinaio mi va a genio!
Poi chiesero alla più piccina, che restava
zitta: - E tu, chi sposeresti?
E la piccina che era anche la più bella,
disse: - Io invece vorrei in sposo il Re in persona, e gli farei due figli maschi
di latte e sangue coi capelli d'oro e una figlia femmina di latte e sangue coi
capelli d'oro e una stella in fronte.
Le sorelle le risero
dietro: - Va', va' poverina, ti contenti di poco!
Il Re ficcanaso, che aveva
sentito tutto, tornò a casa e l’indomani le mandò a chiamare tutte e tre. Le ragazze furono prese da sgomento,
perché erano tempi di sospetti, e non sapevano cosa potesse loro capitare.
Arrivarono lì tutte confuse e il Re disse: - Non abbiate paura: ripetetemi cosa
stavate dicendo, ieri sera, sulla terrazza di casa vostra.
Loro, più confuse che mai,
dicevano: - Mah, noi, chissà, niente...
-
Non dicevate che volevate sposarvi? - disse il Re. E a furia
d’insistere fece ripetere alla più
d’insistere fece ripetere alla più
grande il discorso che
voleva sposare il fornaio. - Bene, ti sia concesso, disse il Re. E la maggiore
ebbe il fornaio in sposo.
La seconda confessò che
voleva il vinaio. - Ti sia concesso, - disse il Re, e le diede il vinaio.
-
E tu? -
chiese alla più piccina. E quella, tutta rossa, gli ripeté
quel che aveva detto
la sera.
-
E se ti
fosse concesso davvero di sposare il Re, - disse lui, -
manterresti la promessa?
-
Le prometto che farei tutto il mio meglio, - disse la ragazza.
- Allora, ti sia concesso di sposarmi, e tra tutte e tre vedremo
chi tien
fede meglio a quel che ha detto.
Di fronte alla fortuna
della più piccina, divenuta Regina tutt’a un tratto, le sorelle maggiori,
sposate col fornaio e col vinaio, non s'adattarono a essere da meno, nacque in
loro un’invidia che non sapevano come sfogare, e che ancor crebbe quando si
seppe che la Regina spettava già un bambino.
Intanto il Re dovette partire
per la guerra contro un suo cugino. Disse alla sposa: - Ricordati quel che mi hai
promesso -. La raccomandò alle cognate, e partì.
Mentre lui era in
guerra, la sposa diede alla luce
un bambino di latte e sangue coi capelli d’oro. Le
sorelle cosa pensarono? Portarono via il bambino, e al suo posto misero una
scimmia. Il bambino lo diedero a una vecchia che lo annegasse. La vecchia andò al fiume col bambino in un
canestro; arrivata al ponte buttò giù canestro e tutto.
Nel fiume passò il canestro, galleggiando, e lo
vide un barcaiolo che gli corse dietro via per la corrente. Lo prese, vide quella creatura così bella e la portò a casa sua, per darla
a balia a sua moglie.
Al Re, in guerra, le
cognate mandarono la notizia che la moglie aveva fatto una scimmia invece del
bambino di latte e sangue coi capelli d'oro: cosa ne devono fare? «O scimmia o bambino,
- risponde il Re, - tenete conto di lei», finita la guerra, tornò a casa. Ma
verso la moglie non riusciva più a esser come prima. Sì, le voleva sempre bene,
ma era rimasto deluso perché non aveva mantenuto la, parola. Nel mentre, la moglie tornò ad aspettare un
bambino e il Re sperava che questa volta sarebbe andata meglio.
Per tornare al bambino,
successe che un giorno il barcaiolo gli guardò bene i capelli e disse alla moglie:
- Ma guarda, non ti pare siano d'oro? E la moglie: - Ma sì, è oro! - Tagliano una
ciocca e vanno a venderla. L'orefice la pesa
sulla bilancia e la paga come oro zecchino. D'allora in poi, ogni giorno il barcaiolo
e la moglie tagliavano una ciocca al bambino e la vendevano: così in breve tempo diventarono ricchi.
Intanto, al Re il cugino
impose guerra un'altra volta. Il Re andò via e lasciò la moglie che aspettava
il bambino.
-
Mi raccomando!
Anche stavolta, mentre il
Re era lontano, la Regina diede e alla luce un bambino di latte e sangue coi
capelli d’oro. Le sorelle prendono il bambino e al suo posto ci mettono un cane.
Il bambino lo danno alla solita vecchia che lo butta nel fiume in un canestro
come suo fratello.
-
Ma che storie sono queste? - dice il barcaiolo
vedendosi capitare un altro
bambino giù per il fiume. Poi pensa subito
che coi capelli di questo avrebbe
raddoppiato i suoi guadagni.
Il Re, sempre là in, guerra, ricevé dalle cognate: «L'ha fatto
un cane, Maestà, la vostra sposa; scriveteci cosa
si deve far di lei». Il Re scrisse in
risposta: «Cane o cagna che sia, tenete da conto la mia moglie». E tornò in città, scuro nel volto. Ma a questa sposa s'era
proprio affezionato, e sperava sempre che la terza volta le sarebbe a data
bene.
Anche stavolta, mentre
la Regina aspettava un bambino, ecco il cugino che gli fa guerra una terza
volta; guarda che destino! Il Re deve proprio andare; dice: - Addio, ricordati
la promessa. I due maschi coi capelli d’oro non me li hai dati; vedi di darmi
la bambina con la stella in fronte.
Lei diede alla luce la
bambina, una bambina proprio di latte e sangue, coi capelli d’oro e con la
stella in fronte. La
vecchia preparò il canestrino e la buttò nel fiume e le sorelle in letto misero
una tigre, piccolina. Scrissero al Re della tigre
che era nata e chiesero cosa voleva fosse fatto della sua sposa. Lui scrisse: «Quello che volete purché quando
tomo non la riveda nel palazzo».
Le sorelle la prendono,
la levano dal letto, la portano giù in cantina, la murano dal collo in giù, che
le restava fuori solo la testa. Ogni giorno le andavano a portare un po' di pane e un bicchier d'acqua, e le davano uni
schiaffo per una: questo era il suo cibo quotidiano. Le sue stanze furono
murate, e di lei non restò più alcuna traccia; il Re, finita la guerra, non ne
disse parola, nessuno gliene parlò. Però era restato triste per tutti i suoi
giorni.
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