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3 feb 2017

Italo Calvino: L'UCCEL BEL-VERDE (parte seconda)



PARTE PRIMA


Il barcaiolo che aveva trovato anche il canestrino della bimba, ora aveva tre bei ragazzi che crescevano a vista d’occhio, e coi capelli d'oro aveva fatto tanta e tanta ricchezza. E disse:
-                   Ora bisogna pensare a loro, poverini: bisogna fabbricargli un 
palazzo, perché stanno diventando grandi -. E fece fabbricare, proprio 
in faccia a quello del Re, un palazzo più grande ancora, con un giardino 
dov'erano tutte le meraviglie del mondo.
Intanto, i bambini s'erano fatti giovanetti e la bambina una bella ragazzina. Il barcaiolo e sua moglie erano morti e loro, ricchi da non si dire, vivevano in questo bel palazzo. Tenevano sempre il cappello in testa e nessuno sapeva che avevano i capelli d'oro.
Dalle finestre del palazzo del Re, la moglie del fornaio e la moglie del vinaio li guardavano; e non sapevano d’essere le loro zie.  Una mattina queste zie videro i fratelli e la sorellina senza cappello seduti a un balcone che si tagliavano i capelli l'uno all'altro.  Era un mattino di sole e i capelli d'oro splendevano tanto che abbagliavano lo sguardo. Alle zie venne subito il sospetto che fossero i figli della sorella buttati nel fiume.  Cominciarono a spiarli: videro che tutte le mattine si tagliavano i capelli d’oro e il mattino dopo li avevano di nuovo lunghi. Da quel momento, le due zie cominciarono ad aver paura dei loro delitti.
Intanto, anche il Re, dai cancelli, s'era messo a guardare il giardino vicino e quei ragazzi che ci abitavano. E pensava: «Ecco i figlioli che mi sarebbe piaciuto avere da mia moglie. Paiono proprio quelli che mi aveva promesso». Ma non aveva visto i capelli d'oro perché portavano sempre il capo coperto.
Cominciò a discorrere con loro: - Oh, gran bel giardino che avete!
-                   Maestà, - rispose la ragazza. - C'è tutte le bellezze del mondo in 
questo giardino. Se lei ci fa
degni, può venire a passeggiarci.
-                   Volentieri, - e così entrò a far  amicizia con loro.  - Visto che 
siamo vicini, - disse,, - perché
non venite domani da me a desinare?
-                   Ah, Maestà, - risposero, - ma sarà troppo incomodo per tutta 
la Corte.
-                   No, - disse il Re, - mi fate un regalo.
-                   E allora accetteremo le sue grazie e domani saremo da lei.
Quando le cognate seppero dell'invito, corsero dalla vecchia cui avevano dato le creaturine da ammazzare: - O Menga, che ne faceste di quelle creature?
Disse la vecchia: - Nel fiume le buttai, col cesto e tutto, ma il cesto era leggero e stava a galla. Se poi è andato  a fondo o no, non stetti mica lì a vedere.
-                        Sciagurata! - esclamarono le zie. – Le creature sono vive e il 
Re le ha incontrate, e se le riconosce, siamo morte noi. Bisogna 
impedire che vengano a palazzo, farle morire per davvero.
-                   Ci penso io, - disse la vecchia.
E, fingendosi una mendicante, si mise al cancello del giardino. Proprio in quel momento, la ragazza stavi guardandosi intorno e dicendo, come soleva: - Cosa manca in questo giardino? Di più non ci può essere! C'è tutte le bellezze del mondo!
-                   Ah, tu dici che non manca nulla? - disse la vecchia. Io vedo che 
ci manca una cosa, bambina.
-                   E quale? - domandò lei.
-                   L'Acqua che balla.
-                  E dove si può trovare...? - cominciò a dire la bambina. Ma la 
vecchia era sparita. La ragazza scoppiò in pianto: - E io che credevo 
che non mancasse nulla nel nostro giardino, e invece ci manca l'Acqua 
che balla; l'Acqua che balla: chissà che bella cosa è!  - E così andava 
piangendo.
Tornarono i fratelli e a vederla disperata: - Cos'è? Cos'hai?
-                 Oh, vi prego, lasciatemi stare. Ero qui nel giardino e mi dicevo 
che qua erano tutte le bellezze del mondo, ed una vecchia è venuta al 
cancello e ha detto: «Lo dici tu che non ci manca nulla: ci manca 
l'Acqua che balla».
-                   Tutto qui? - fece il fratello maggiore.
-                   Vado io a cercarti questa cosa, così sarai felice -. Aveva un 
anello al dito e lo infilò in dito
alla sorella. - Se la pietra cambia colore, è segno che son morto -. Montò a cavallo e corse via.
Aveva già molto galoppato, quando incontrò un eremita che gli chiese: -           Dove vai, dove vai, bel giovane?
-                   Vado in cerca dell'Acqua che balla.
Poverino! - disse l’eremita. - ti vogliono mandare a morte! Non sai che c'è pericolo?
Rispose il giovane: - Pericolo quanto volete, io quella roba devo trovarla.
-                   Sta' a sentire, - disse l’eremita, - vedi quella montagna? Va' in 
cima, troverai una gran pianura e in mezzo un bel palazzo. Davanti al 
portone ci sono quattro giganti con le spade in mano. Sta' attento: 
quando hanno gli occhi chiusi non devi passare, hai capito? Passa 
invece quando hanno gli occhi aperti.  C'è il portone: se lo trovi aperto 
non passare, se lo trovi chiuso spingi e passa. Troverai quattro leoni: 
quando hanno gli occhi chiusi non passare, passa quando li trovi con 
gli occhi aperti, e troverai l'Acqua che balla -. Il ragazzo salutò 
l'eremitamontò a cavallo e prese su per la montagna.
Lassù vide il palazzo col portone aperto, e i quattro giganti con gli occhi chiusi «Sì, aspetta che passi…» pensò, e s i mise di guardia. Appena i giganti apersero gli occhi e il portone si chiuse, passò; aspettò che i leoni aprissero gli occhi anche loro e passò ancora. C'era l’Acqua che balla: il ragazzo aveva una bottiglia e la riempì. Appena i leoni riaprirono gli occhi, scappò via.
Immaginatevi la gioia della sorellina, che era stata tutti quei giorni a guardare con ansia l'anello, quando vide tornare il fratello con l’Acqua che balla. S'abbracciarono, baciarono, e subito misero due catinelle d’oro in  mezzo  al giardino e ci misero l'Acqua che balla: e l’Acqua saltava da una catinella all'altra catinella, e la bambina la stava a guardare piena di gioia, sicura ormai d’avere tutte,· le bellezze del mondo nel suo giardino.
Venne il Re, e le chiese come mai non erano venuti a desinare, che li aveva tanto aspettati.  La bambina gli spiegò che non c'era l’Acqua che balla in giardino e suo fratello maggiore era dovuto andare a prenderla.  Il Re lodò molto il nuovo acquisto e invitò di nuovo i tre ragazzi per l’indomani. La vecchia mandata dalle zie ritornò, vide l’Acqua che balla nel giardino e inghiottì bile. - Ora l’Acqua che balla ce l'hai, - disse alla bambina, - ti manca ancora l'Albero che suona, - e se ne andò.
Vennero i fratelli. - Fratelli miei, se mi volete bene, sapete cosa dovete portarmi, l'Albero che suona.
E stavolta fu il secondo fratello a dire:
-                   Sì, sorellina mia, vado e te lo porto.
Diede il suo anello alla sorella, montò a cavallo e corse fin dall'eremita che aveva aiutato suo fratello.
-                   Ahi! - disse l'eremita, - l'Albero che
suona è un osso  duro. Senti cosa devi fare: sali sulla montagna, guardati dai giganti, dal portone dai leoni, tutto come ha fatto tuo fratello. Poi troverai una porticina con sopra un paio di forbici; se le forbici sono chiuse non passare; se sono aperte, passa. Troverai un albero enorme che suona con tutte le sue foglie. Tu arrampicati e stacca il ramo più alto: lo pianterai nel tuo giardino e metterà  radici.
Il giovane andò fin sulla montagna, trovò tutti i segni propizi ed entrò. S'arrampicò sull'albero tra tutte le foglie che suonavano, e prese il ramo più alto. Accompagnato dal suo canto tornò a casa.
Quando fu piantato il ramo diventò l'albero più bello che ci fosse nel giardino, e lo riempiva tutto col suo suono.
Il Re che era piuttosto offeso perché per la seconda volta i fratelli avevano mancato all'invito, fu così contento d'ascoltare quel suono che li riinvitò tutti e tre per l'indomani.
Subito le zie mandarono la vecchia. - Sei contenta dei consigli che ti ho dato? L'Acqua che balla, l'Albero che suona! Ora ti manca solo l'Uccel bel-verde e hai tutte le bellezze del mondo.
Vennero i ragazzi. - Fratellini, chi mi va a prendere l'Uccel bel-verde? - io, - disse il primo, e partì.
Questo sì che è un guaio, - gli disse l'eremita. Tanti ci sono andati e tutti ci sono rimasti. Andare alla montagna sai, entrare nel palazzo sai, troverai un giardino pieno di statue di marmo. Sono nobili cavalieri che come te volevano prendere l’Uccel bel-verde.  Tra gli alberi del giardino volano centinaia d’uccelli. L'Uccel bel­-verde è quello che parla. Ti parlerà, ma bada, tu qualsiasi cosa dica, non devi mai rispondergli.
Il giovane arrivò nel giardino pieno di statue e di uccelli. L’Uccel bel-verde si posò sulla sua spalla e gli disse - Sei venuto, cavaliere? E credi di prendere me? Ti sbagli.  Sono le tue zie che ti mandano a morte.  E tua madre la tengono murata viva...
-                        Mia madre murata viva? - disse il
giovane e come parlò subito diventò anche lui statua di marmo.
La sorella guardava l'anello ogni minuto.  Quando vide che la pietra diventava azzurra, gridò: - Aiuto! Muore!  - E l'altro fratello salì subito in sella, e partì.
Anch’egli arrivò nel giardino e !'Uccel bel-verde gli disse: - Tua madre è murata viva.
-                   Eh? Mia madre murata viva! - gridò lui e diventò di marmo.
La sorella guardava l’anello del secondo fratello e lo vide diventar nero. Non si perse d'animo, si vestì da cavaliere, prese una boccetta d'Acqua che balla, un ramo d’Albero che suona, sellò il migliore dei loro cavalli, e partì.
L’eremita le disse: - Apri l’occhio, che se quando l’Uccello parla gli rispondi, sei finita. Strappagli una penna delle ali, invece, bagnala nell'Acqua che balla e poi tocca tutte le statue...
Appena l'Uccel bel-verde vide la ragazza vestita da cavaliere, le si posò su una spalla e disse: - Anche tu qui? Ora diventerai come i tuoi fratelli...  Li vedi? Uno e due, e con te tre... Tuo padre in guerra... Tua madre murata viva... E le tue zie se la ridono.
Lei lo lasciò cantare e l'uccello si sgolava a ripeterle le sue parole all’orecchio, e non fu lesto a volar via quando la ragazza l'afferrò, gli strappò una penna delle ali, la bagnò nella boccetta d'Acqua che balla, poi la passò sotto il naso dei fratelli impietriti, e i fratelli si mossero e l'abbracciarono. Poi fecero lo stesso con tutte le altre sta tue ed ebbero un seguito di nobili cavalieri, baroni, principi e figli di re. Fecero annusare la penna anche ai giganti e si svegliarono anche i giganti, e così fecero coi leoni. L’Uccel bel-verde si posò sul ramo d'Albero che suona e sì lasciò mettere in gabbia. E tutti insieme in un gran corteo lasciarono il palazzo sulla montagna, che per incanto sparì.
Quando dal palazzo reale videro il giardino con l'Acqua che balla, l'Albero che suona e l'Uccel bel-verde, e i tre fratelli con tutti quei principi e baroni che facevano festa, le zie si sentirono venir meno, e il Re volle invitarli tutti a pranzo.
Vennero e la sorellina portava l’Uccel bel-verde su una spalla. Quando furono per sedersi a tavola, l’Uccel bel-verde disse: - Manca una! - e tutti si fermarono.
Il Re cominciò a mettere in fila tutta la gente di casa, per vedere chi era quell'una che mancava, ma l’Uccel bel-verde continuava a dire: - Manca una!
Non sapevano più chi far venire. A un tratto si ricordarono : - Maestà! Non sarà la Regina murata viva? - e Il Re diede subito ordine di farla smurare, e i figli la abbracciarono e la bambina con la stella in fronte le fece fare il bagno in una tinozza d'Acqua che balla e tornare sana come se nulla fosse stato .
Così ci si rimise a pranzo, con la Regina vestita da Regina a capo della tavola, e le due sorelle invidiose gialle in viso che parevano avere l'itterizia.
Stavano per portare alla bocca il primo cucchiaio, quando !'Uccel bel-verde disse:
-                   Solo quello che becco io! - perché le due zie avevano messo del 
veleno nel mangiare. I convitati mangiarono solo le pietanze che 
l'Uccel bel-verde beccava, e si salvarono.
-                   Adesso sentiamo l'Uccel bel-verde cosa ci racconta, disse il Re.
L'Uccel bel-verde saltò sulla tavola davanti al Re e disse: - Re, questi sono i tuoi figli-. I ragazzi si scopersero il capo e tutti videro che avevano i capelli d'oro, e la sorellina anche la stella d'oro in fronte. L'Uccel bel-verde continuò a parlare e raccontò tutta la storia.
Il Re abbracciò i figli e chiese perdono alla moglie. Poi fece comparire innanzi a sé le due cognate e la vecchia e disse all'Uccel bel-verde: - Uccello, ora che hai svelato tutto, dà la sentenza.
E l’uccello disse: - Alle cognate, una camicia di pece e un pastrano di fuoco, alla vecchia giù dalla finestra.
Così fu fatto. Re, Regina e figlioli vissero sempre felici e contenti.

(Firenze)


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