C'era una volta padre madre due bambini e una ragazza. Il padre faceva il viaggiante e un giorno che era via i due bambini dissero alla madre: - Noi andiamo incontro al papà-. Disse la mamma: - Si, sì, andate.
Arrivati al bosco,
i bambini si fermarono a giocare. Di li a poco,
vedono il padre da lontano,
gli corrono incontro e gli s'attacano
alle gambe, dicendo: - Papà, papà mio, papà
mio!
Il padre era di cattivo
umore quel giorno, e dice: - Non fatemi
arrabbiare! Andate via! - Ma i bambini non gli
danno retta e continuano ad
attaccarsi alle sue gambe.
Invelenito com'era, il padre
grida: - Maledetti, che il
Diavolo vi porti! - In quel momento esce il Diavolo e li porta via tutti
e due senza che il padre se ne accorga.
A casa, quando la madre vide
tornare il padre senza i bambini, cominciò a stare in ansia e a piangere. E il marito,
prima le disse che non sapeva niente, poi le raccontò della sua maledizione, e che
dopo non li aveva più visti.
Allora la sorellina disse:
- A costo di morire anch'io, voglio andare a cercarli - . E malgrado che papà e
mamma non volessero, prese un po'
di roba da mangiare e partì.
Trovò un palazzo con la porta
di ferro. Entrò: c'era un signore. Gli chiese: - Non ha mica visto i miei
fratelli, che il Diavolo se li è portati via?
Quel signore le disse: -
Non so. Puoi andare di là: c'è una sala con ventiquattro letti. Guarda se
fossero in qualcuno di quei letti.
E infatti,
la ragazza trovò i fratelli
a letto e fu tutta contenta. - Fratellini
miei, siete qua? Ma allora state bene!
I fratelli le dissero: -
Vieni a vedere se stiamo bene.
Leì alzò le coperte e vide
sotto tante vampe di fuoco.
- Ahi, fratelli! - disse. - Cosa posso fare per
salvarvi?
E loro: - Se stai muta
per sette anni, ci salvi: ma bada che ne passerai dì tutti i colori.
E lei: - Bene, state tranquilli,
ho capito, - e se ne andò. Passò davanti
a quel signore che le fece cenno d' avvicinarsi, ma lei scosse la testa, si
fece il segno della croce e andò via.
Cammina cammina, fu in
un bosco: stanca com'era, si buttò a
dormire. Un Re a caccia la trovò lì addormentata. - Guarda che bella! - e la svegliò
e le chiese come mai era nel bosco. Lei fece
segno col capo che non voleva niente. Il Re le chiese: - Vuoi venire con me? - e
lei gli fece segno di sì. Il Re parlava forte perché credeva che fosse sordomuta
ma poi capì che sentiva anche le parole a bassa voce.
Arrivò a casa, la fece scendere
di carrozza, e poi disse alla madre che
aveva trovato una ragazza muta che dormiva nel bosco, e che se la sposava. La
madre: - Ma io non voglio! - e lui: - Ma qui comando io, - e la sposò.
La suocera era di cuore
cattivo e faceva alla nuora dispetti e malegrazie: ma la nuora
non rispondeva e sopportava. E intanto venne il tempo che
aspettava un bambino. La suocera fece arrivare al figlio una lettera fasulla:
che andasse in fretta nella tal città perché gli stavano mangiando tutti i beni.
Il Re lascia la sposa in quello stato e va via. La sposa ha un bambino, ma la suocera,
d' accordo con la comare prende un cane e glielo mette accanto in letto. Il bambino
lo ficca in una scatola e lo porta sul tetto del palazzo. La povera giovane
vedeva e sentiva tutto è si disperava, ma pensava alla condanna dei fratelli e si
faceva forza di tacere.
Subito la suocera
scrisse al figlio una lettera che la sposa aveva fatto un cane. La risposta del
Re fu che lui non voleva sentire più parlare della sposa; di darle un po' di soldi
per sostenersi e farle abbandonare il palazzo prima che lui ritorni.
La vecchia invece diede
ordine a un servo che la giovane fosse portata via, ammazzata e poi buttata in
mare, e che le riportasse a casa le sue vesti.
Il servitore, giunto
sulla spiaggia, disse: - Adesso, padrona mia, abbassi la testa, che la devo
ammazzare - . La giovane si buttò ginocchioni e giunse le mani con le lagrime
agli occhi. Al servitore venne compassione.
Non la volle ammazzare, ma solo le
tagliò i capelli, le prese tutte le sue vesti e in cambio le dette la sua
camicia e le sue brache.
Rimasta sola sulla spiaggia,
la giovane vide finalmente una nave e fece segno. Era una nave di soldati, e
credendola un ragazzo, gli chiesero chi era. Lei, a gesti, spiegò che era
marinaio d'un bastimento naufragato e solo lui s'era salvato. i soldati gli
dissero: - Bene, anche se sei muto, starai
a guerreggiare con noialtri.
Ci fu battaglia e la giovane si mise anche lei a tirare di cannone: i compagni, vedendone il coraggio,
la fecero sull'istante caporale . Sbrigata quella guerra, domandò la grazia di
lasciare il servizio, e le fu concessa.
Una volta a terra, non
sapeva da che parte andare: a notte, vide
una casa diroccata e andò là dentro. A
mezza notte sente un passo, spia,
e vede che da dietro la casa vengono
fuori tredici assassini.
Lascia che vadano via, poi va a vedere donde sono
usciti, e trova
una gran tavola imbandita. C'era
da mangiare per tredici
persone, e lei andò a mangiare un pochino per
piatto, perché non se ne accorgessero.
Poi tornò a nascondersi, ma s'era dimenticata
un cucchiaio in
un piatto. Gli assassini tornarono che era ancora notte,
e uno vide il cucchiaio e disse: - Oh. !
Qua ci abbiamo qualche tradimento!
Disse un altro: - Bene,
torniamo fuori, e uno di noi resti a far la guardia, - e così fecero.
Lei che credeva fossero via tutti, salta fuori, e l' assassino l'acchiappa. - Oh, t'ho preso canaglia!
Ora vedrai.
Più morta che viva, la ragazza gli fece
segno che era muta, e che era entrata li perché non sapeva dove andare.
L'assassino la consolò e le diede da bere e da mangiare. Tornarono gli altri compagni,
sentirono la storia, e le dissero: - Già che sei qui, sta' con noi. Se no,
bisogna che ti ammazziamo.
Lei finì per far segno di sì, e restò
con loro.
Gli assassini non la lasciavano mai sola. Un giorno le disse il capo: - Domani notte avremo
da andare tutti nel palazzo del tal Re, - (e le dice il nome), - per portargli
via il tesoro. Devi venire anche tu.
Quel Re era lo sposo della
giovane, e lei allora gli scrisse una lettera consigliandogli d'armare bene casa
sua perché era in pericolo. E quando a mezzanotte gli assassini si trovarono al
portone del palazzo ed entrarono a uno a uno, i servitori barricati e nascosti
là dentro a uno a uno li uccidevano. Così morì il capo ed altri cinque; tutti
gli altri chi di qua chi di là, presero la fuga, e lasciarono lì sola la giovane,
vestita da assassino
pure lei. I servitori la prendono, la legano, e la portano in prigione.
Dalla cella la giovane vede che in piazza piantano già la forca. Un giorno solo
le mancava a compire i sette anni. A gesti domandava la grazia che aspettino l'indomani
a farla morire, e il Re gliela concede. L'indomani la portano sul palco e lei, dal
primo scalino, fa segno che invece delle tre si aspetti le quattro. Anche
questo il Re glielo concede. Suonano le quattro, lei sale già l'altro scalino, quando
vengono avanti due guerrieri. Si presentano al Re e gli chiedono licenza di
parlare.
- Parlate -, dice il Re
- Perché va a morte quel giovane?
E il Re glielo spiega.
- Allora sappiate che
non è un uomo ma è nostra sorella! - e raccontano al Re come essa è
stata muta per sette anni . E le dicono: - Parla pure, siamo salvi.
La liberarono dai ceppi, e lei in presenza di tutto il popolo disse: - Io sono
la sposa del Re, e per la cattiveria di mia suocera fu messa a morte la mia creatura.
Andate là sul tetto e prendete quella scatola e vedete se ho avuto un cane o un
bambino -. Il Re mandò i servi a prendere la
scatola, e c'erano dentro ossa di
bambino.
Allora tutto il popolo
cominciò a gridare: - Sulla forca, invece di lei la Regina e la comare! - Così furono
impiccate le due vecchie, e la giovane tornò
a Palazzo col suo sposo, e i due fratelli
diventarono primi uomini
di Corte.
(Venezia)
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