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17 feb 2017

Italo Calvino: MUTA PER SETTE ANNI




C'era una volta padre madre due bambini e una ragazza. Il padre faceva il viaggiante e un giorno che era via i due bambini dissero alla madre: - Noi andiamo incontro al papà-. Disse la mamma: - Si, sì, andate.
Arrivati al  bosco,  i bambini si fermarono  a giocare.  Di li a poco,  vedono  il padre  da lontano,  gli corrono  incontro e gli s'attacano alle gambe, dicendo: - Papà, papà mio, papà  mio!
Il padre era di cattivo umore quel giorno,  e dice:   - Non fatemi  arrabbiare! Andate  via! -   Ma  i bambini  non gli  danno  retta  e  continuano  ad  attaccarsi  alle  sue gambe.
Invelenito com'era,  il  padre grida: -  Maledetti,  che il  Diavolo vi porti! - In quel momento esce il Diavolo e li porta via tutti e due senza che il padre se ne accorga.
A casa, quando la madre vide tornare il padre senza i bambini, cominciò a stare in ansia e a piangere. E il marito, prima le disse che non sapeva niente, poi le raccontò della sua maledizione, e che dopo non  li aveva  più visti.
Allora la sorellina disse: - A costo di morire anch'io, voglio andare a cercarli - . E malgrado che papà e mamma non  volessero,  prese un po'  di roba da  mangiare e partì.
Trovò un palazzo con la porta di ferro. Entrò: c'era un signore. Gli chiese: - Non ha mica visto i miei fratelli, che il Diavolo se li è portati via?
Quel signore le disse: - Non so. Puoi andare di là: c'è una sala con ventiquattro letti. Guarda se fossero in qualcuno di quei letti.
E  infatti,  la  ragazza  trovò  i  fratelli  a letto e  fu tutta contenta. - Fratellini miei, siete qua? Ma allora state bene!
I fratelli le dissero: - Vieni a vedere se stiamo bene.
Leì alzò le coperte e vide sotto tante vampe di fuoco.
-  Ahi, fratelli! - disse. - Cosa posso fare per salvarvi?
E loro: - Se stai muta per sette anni, ci salvi: ma bada che ne passerai dì tutti i colori.
E lei: - Bene, state tranquilli, ho capito, - e se ne andò.  Passò davanti a quel signore che le fece cenno d' avvicinarsi, ma lei scosse la testa, si fece il segno della croce e andò via.
Cammina cammina, fu in un  bosco: stanca com'era, si buttò a dormire. Un Re a caccia la trovò lì addormentata. - Guarda che bella! - e la svegliò e  le chiese come mai era nel bosco. Lei fece segno col capo che non voleva niente. Il Re le chiese: - Vuoi venire con me? - e lei gli fece segno di sì. Il Re parlava forte perché credeva che fosse sordomuta ma poi capì che sentiva anche le parole a bassa voce.
Arrivò a casa, la fece scendere di carrozza, e poi  disse alla madre che aveva trovato una ragazza muta che dormiva nel bosco, e che se la sposava. La madre: - Ma io non voglio! - e  lui: -  Ma qui comando io, - e la sposò.
La suocera era di cuore cattivo e faceva alla nuora dispetti e  malegrazie:  ma la  nuora non  rispondeva  e sopportava. E intanto venne il tempo che aspettava un bambino. La suocera fece arrivare al figlio una lettera fasulla: che andasse in fretta nella tal città perché gli stavano mangiando tutti i beni. Il Re lascia la sposa in quello stato e va via. La sposa ha un bambino, ma la suocera, d' accordo con la comare prende un cane e glielo mette accanto in letto. Il bambino lo ficca in una scatola e lo porta sul tetto del palazzo. La povera giovane vedeva e sentiva tutto è si disperava, ma pensava alla condanna dei fratelli e si faceva forza di tacere.
Subito la suocera scrisse al figlio una lettera che la sposa aveva fatto un cane. La risposta del Re fu che lui non voleva sentire più parlare della sposa; di darle un po' di soldi per sostenersi e farle abbandonare il palazzo prima che lui ritorni.
La vecchia invece diede ordine a un servo che la giovane fosse portata via, ammazzata e poi buttata in mare, e che le riportasse a casa le sue vesti.
Il servitore, giunto sulla spiaggia, disse: - Adesso, padrona mia, abbassi la testa, che la devo ammazzare - . La giovane si buttò ginocchioni e giunse le mani con le lagrime agli occhi. Al servitore venne compassione.  Non  la volle ammazzare, ma solo le tagliò i capelli, le prese tutte le sue vesti e in cambio le dette la sua camicia e le sue brache.
Rimasta sola sulla spiaggia, la giovane vide finalmente una nave e fece segno. Era una nave di soldati, e credendola un ragazzo, gli chiesero chi era. Lei, a gesti, spiegò che era marinaio d'un bastimento naufragato e solo lui s'era salvato. i soldati gli dissero: - Bene, anche se sei muto,  starai a guerreggiare con noialtri.
Ci fu battaglia e la giovane si mise anche lei a tirare  di cannone: i compagni, vedendone il coraggio, la fecero sull'istante caporale . Sbrigata quella guerra, domandò la grazia di lasciare il servizio, e le fu concessa.
Una volta a terra, non sapeva da che parte andare: a notte,  vide una casa diroccata e andò là dentro. A   mezza notte sente un passo,  spia, e vede che da dietro la casa vengono  fuori  tredici  assassini.  Lascia  che  vadano via, poi va a vedere donde sono usciti,  e  trova  una gran tavola  imbandita.  C'era  da  mangiare per  tredici  persone, e lei andò a mangiare  un  pochino  per  piatto,  perché non se ne accorgessero. Poi tornò a nascondersi, ma s'era dimenticata  un  cucchiaio  in   un  piatto.  Gli assassini tornarono che era ancora notte, e uno vide il cucchiaio e disse: -  Oh. ! Qua  ci abbiamo qualche tradimento!
Disse un altro: - Bene, torniamo fuori, e uno di noi resti a far la guardia, - e così fecero.
Lei che credeva fossero via tutti, salta fuori, e  l' assassino l'acchiappa. - Oh, t'ho preso canaglia! Ora vedrai.
Più morta che viva, la ragazza gli fece segno che era muta, e che era entrata li perché non sapeva dove andare. L'assassino la consolò e le diede da bere e da mangiare. Tornarono gli altri compagni, sentirono la storia, e le dissero: - Già che sei qui, sta' con noi. Se no, bisogna che ti ammazziamo.
Lei finì per far segno di sì, e restò con loro.
Gli assassini non la lasciavano mai sola. Un giorno le disse il capo: - Domani notte avremo da andare tutti nel palazzo del tal Re, - (e le dice il nome), - per  portargli  via il tesoro. Devi venire anche tu.
Quel Re era lo sposo della giovane, e lei allora gli scrisse una lettera consigliandogli d'armare  bene  casa sua perché era in pericolo. E quando a mezzanotte gli assassini si trovarono al portone del palazzo ed entrarono a uno a uno, i servitori barricati e nascosti là dentro a uno a uno li uccidevano. Così morì il capo ed altri cinque; tutti gli altri chi di qua chi di là, presero la fuga, e lasciarono lì sola la giovane, vestita  da  assassino  pure lei. I servitori la prendono, la legano, e la portano in prigione. Dalla cella la giovane vede che in piazza piantano già la forca. Un giorno solo le mancava a compire i sette anni. A gesti domandava la grazia che aspettino l'indomani a farla morire, e il Re gliela concede. L'indomani la portano sul palco e lei, dal primo scalino, fa segno che invece delle tre si aspetti le quattro. Anche questo il Re glielo concede. Suonano le quattro, lei sale già l'altro scalino, quando vengono avanti due guerrieri. Si presentano al Re e gli chiedono licenza di parlare.
- Parlate -, dice il Re
-  Perché va a morte quel giovane?
E il Re glielo spiega.
- Allora sappiate che non è un uomo ma è nostra sorella! - e  raccontano  al  Re come  essa è  stata  muta  per sette anni  . E le dicono: - Parla pure, siamo salvi.
La liberarono dai  ceppi, e lei in  presenza di tutto il popolo disse: - Io sono la sposa del Re, e per  la cattiveria  di mia suocera fu messa a morte la mia creatura. Andate là sul tetto e prendete quella scatola e vedete se ho avuto un cane o un bambino -. Il Re mandò i servi a prendere la  scatola,  e c'erano dentro ossa di bambino.
Allora tutto il popolo cominciò a gridare: - Sulla forca, invece di lei la Regina e la comare! - Così furono impiccate le due vecchie, e la giovane  tornò a Palazzo col suo sposo, e i due fratelli  diventarono  primi  uomini  di  Corte.

(Venezia)

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